Garland ci trasporta in un road trip mozzafiato all’interno di un paesaggio terrificante. Quattro fotoreporter compiono un viaggio per raccontare la guerra civile, tra esercito e secessionisti, che sta logorando gli Stati Uniti d’America, e per ottenere lo scatto perfetto. La messinscena è distopicamente realistica e Garland, rimanendo estremamente apolitico, ci concede una fantastica riflessione sulla guerra che non ha parti. Proprio come avviene con Apocalypse now di Francis Ford Coppola, durante la visione del film lo spettatore non si dovrà preoccupare di chi sia il buono o il cattivo, perché non esiste questa distinzione e anche i personaggi ne rifuggono (“qualcuno vuole uccidere noi, e noi vogliamo uccidere loro”). I protagonisti vengono svuotati della loro sensibilità di fronte alle manifestazioni più crude della violenza. Violenza catturata simbolicamente dalla macchina fotografica trasformandosi in immagini mute e prive di colori. Una disamina quanto mai attuale, che non smetterà mai di essere necessaria.
