Attraverso alcuni simboli della cultura “accidentalmente europea” che s’intrecciano con citazioni da opere della letteratura palestinese e la realtà gazawa, P. Caridi costruisce un’elegia, componimento dal tono “di compianto per una condizione d’infelicità” (Treccani). L’autrice ci porta dentro al dolore della popolazione vittima di genocidio, sofferenza che è dell’umanità intera, tradita nella sua essenza da ciò che sta accadendo. Il testo parte dai sudari, teli bianchi – colore del lutto - usati tradizionalmente per avvolgere i defunti e riflette sugli effetti devastanti del massacro, talmente grave da negare diritti fondamentali e giungere a dissolvere tradizioni intime e profonde. Il tema del sudario prosegue nel richiamo alla Pietà di Gaza, foto vincitrice del World Press Photo 24, accostata per contrasto al Cristo Velato di Sanmartino, o al “sudario divenuto toga” del Cristo di P.della Francesca nella Resurrezione di Sansepolcro. Un capitolo è dedicato alle macerie di Gaza che denunciano l’orrore umano e sono accostate al Cretto di Burri che avvolge nel silenzio le rovine di Gibellina, dove “le forme cubiche sono sudari” che coprono l’orrore naturale. Segue la descrizione di Gaza “terra-prigione” come le isole-carcere di S. Stefano, Ventotene ed altre realtà carcerarie contemporanee: qui è la struttura ad evocare il sepolcro-sudario e a celare al mondo i corpi vivi. Efficace l’accostamento al S.Matteo di Caravaggio: l’autoritratto del pittore nel Martirio sembra porre la domanda che tutti dovremmo farci dinnanzi all’orrore: “Perché nessuno interviene?”. Nella Vocazione appare ancora un sudario ma l’autrice si concentra sulla penna in mano all’evangelista: “La parola… è lo strumento che può rompere i poteri… spaccare le pietre della forza bruta”; l’elegia si chiude esaltando la potenza della parola, anche se essa è appena un bisbiglio, col richiamo alla Tempesta e ad Aspettando Godot : “…i sudari hanno parlato. Con la forza immanente di un sussurro.”
Sudari. Elegia per Gaza
“Alla stregua di un sussurro, i sudari di Gaza sono un suono flebile e fragile, eppure costante. La colonna sonora del genocidio. Ignari eravamo. Ignoranti, di quelle biografie e di quei sogni, prima che fossero trasformati da vivi in ammazzati. Sono loro, i sudari, a difendere in questo modo i morti dall’oblio.”
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Palomar 24 settembre 2025Non abbiamo altro strumento, se non la parola
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