Perché insegnare la storia dell'arte
L’Italia ha un’invidiabile tradizione artistica che da secoli ne fa una meta obbligata per viaggiatori, letterati, uomini di cultura di ogni parte del mondo che vengono a scoprire meraviglie antiche e moderne: dalle grandi vestigia dell’antichità a Giotto, da Raffaello a Bernini, da Canova a Morandi. Consapevole di questo primato, il ministro e filosofo Giovanni Gentile nel 1923 inserì l’insegnamento della storia dell’arte nei licei classici: questo preveggente provvedimento, benché in seguito formalmente esteso alle altre scuole, nel corso dei decenni è stato nella sostanza lentamente eroso e annacquato, malgrado dall’arte l’Italia tragga un fiume di turisti e moneta pregiata. L’autore ripercorre queste vicende fino ai nostri giorni e propone nuove linee di metodo per il rinnovo della disciplina. Non una storia di capolavori e di maestri nozionistica, ma una conoscenza di grado in grado più approfondita che sappia avvicinare i giovani a questo immenso patrimonio di oggetti d’arte, musei, città e paesaggi. Una disciplina che sia in condizioni di dialogare con storia e letteratura. L’Italia vive infatti un paradosso: pur essendo l’unico paese al mondo che prevede nei suoi programmi scolastici questo insegnamento, lo ha letteralmente svuotato di ogni dignità e privato di qualsiasi rapporto con la concretezza di un inestimabile patrimonio nazionale; eppure, nel frattempo, l’arte è diventata a ogni latitudine una delle merci più richieste dai consumatori di turismo che si aggirano per il pianeta, ed è ormai quasi una moda. E la sensibilità generale sull’importanza di una simile conoscenza è talmente cresciuta che, per esempio in Francia, tra i programmi del presidente Sarkozy è previsto l’inserimento della disciplina nelle scuole di ogni ordine e grado. È dunque quanto mai cruciale che la Bella Italia metta a frutto il proprio vantaggio in questo ambito, che va dunque esaltato e non svilito, come avviene da troppi decenni.
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